Avvocato Domenico Esposito
 

 

IL VIZIO DI MOTIVAZIONE RIGUARDA L'INESISTENZA DEGLI ELEMENTI DI PROVA O LA LORO DISTORTA VALUTAZIONE

Nella valutazione del vizio della motivazione la Cassazione non procede a una rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove, ma valuta se le prove, poste a fondamento della sentenza, esistano e se il loro contenuto non sia stato frainteso o trascurato.

Cassazione penale, sez. II 21/10/2009 n. 45571 (data dep. 26 novembre 2009)
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Esposito Antonio - Presidente -
Dott. Monastero Francesco - Consigliere -
Dott. Prestipino Giovanni - Consigliere -
Dott. Taddei Margherita - Consigliere -
Dott. Manna Antonio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da: ...................... avverso la sentenza 29.6.07 della Corte d'Appello di Salerno;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Manna Antonio; udito il Procuratore Generale nella persona del Dott. Monetti Vito, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso; udito il difensore di parte civile - Avv. ............................, come da nomina depositata in udienza -, che ha depositato conclusioni scritte e nota spese associandosi alle richieste del Procuratore Generale; udita la difesa del ................. - Avv. ....................., come da nomina depositata in udienza -, che ha concluso per l'annullamento dell'impugnata sentenza in virtù dei motivi di cui al ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza 29.6.07 la Corte d'Appello di Salerno confermava la sentenza emessa il 18.10.2001 dal Tribunale della stessa città nei confronti di ................. per il delitto di estorsione aggravata ai danni di ............... (responsabile dell'ispettorato sinistri della .....................).

Tramite il proprio difensore il .................... ricorreva contro detta sentenza, di cui chiedeva l'annullamento, ravvisando "la necessità di una rivalutazione più attenta e razionale dell'intero materiale istruttoria confluito nel fascicolo del dibattimento".

In sintesi, lamentava:
a) contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla valutazione delle dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa in sede di indagini preliminari ed acquisite in via di contestazione ex art. 500 c.p.p., commi 3 e 4 (nel testo della norma anteriore alla novella di cui alla L. n. 63 del 2001), valutazione viziata da travisamento nonchè dalla dubbia attendibilità del ..................., che nel primo contatto con gli inquirenti aveva trascurato il particolare della mitraglietta (narrato solo in seguito) con cui, secondo il capo d'accusa, sarebbe stato minacciato in un'occasione dal R. affinchè gli liquidasse i danni di fittizi sinistri stradali; età invece plausibile che la persona offesa avesse falsamente accusato l'imputato -poi ritrattando in dibattimento le accuse - per allontanare da sè i sospetti di una propria complicità nei falsi sinistri architettati dal ...................... e da altri operatori del settore;
b) violazione dell'art. 500 c.p.p., comma 4 (nel testo anteriore alla novella di cui alla L. n. 63 del 2001) e conseguente illogicità della motivazione laddove aveva ritenuto che le dichiarazioni accusatorie rese dalla parte offesa al corso delle indagini preliminari ed acquisite in via di contestazione ex art. 500 c.p.p., comma 4 fossero assistite da riscontri, talli non potendosi considerare le dichiarazioni de reato rese dai testi M. e Ma., vuoi perchè nel contrasto tra la fonte diretta (il .................., nella sua ritrattazione dibattimentale) e quelle indirette (i testi suddetti) doveva prevalete la prima, vuoi perchè, avendo il ...................... ed il .................... riferiti quanto appreso dallo stesso ..............................., l'impugnata sentenza era incorsa nel vizio di circolarità delle dichiarazioni, tutte riconducibili alla medesima fonte (vale a dire la parte offesa).

1- Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo si colloca al di fuori del perimetro dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in quanto in esso sostanzialmente si svolgono mere censure sulla valutazione operata in punto di fatto dai giudici del gravame, che con motivazione esauriente e logica hanno ritenuto attendibili e riscontrate le dichiarazioni originariamente rese in sede di indagini preliminari dalla parte offesa, ritrattate in dibattimento dal teste con evidente imbarazzo ed in maniera immotivata e contraddittoria.

Nè giova all'odierno ricorrente supporre un originario mendacio della parte offesa motivato dall'esigenza di allontanare da sè i sospetti di una propria complicità nei falsi sinistri architettati dal .................... e da altri operatori del settore.

Infatti, affinchè sia ravvisabile una manifesta illogicità argomentativa denunciabile per cassazione non basta rappresentare la mera possibilità di un'ipotesi alternativa - magari altrettanto logica in via di astratta congettura - rispetto a quella ritenuta in sentenza: a riguardo la giurisprudenza di questa S.C. è antica e consolidata: cfr. Cass. Sez. 1^ n. 12496 del 21.9.99, dep. 4.11.99; Cass. Sez. 1^ n. 1685 del 19.3.98, dep. 4.5.98; Cass. Sez. 1^ n. 7252 del 17.3.99, dep. 8.6.99; Cass. Sez. 1^ n. 13528 dell'11.11.98, dep. 22.12.98; Cass. Sez. 1^ n. 5285 del 23.3.98, dep. 6.5.98; Cass. S.U. n. 6402 del 30.4.97, dep. 2.7.97; Cass. S.U. n. 16 del 19.6.96, dep. 22.10.96; Cass. Sez. 1^ n. 1213 del 17.1.84, dep. 11.2.84 e numerosissime altre.

Nè i riferimenti a taluni passi delle dichiarazioni del ............................, riportati in ricorso, integrano una denuncia di travisamento della prova potenzialmente rilevante ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, costituendo sempre e soltanto una mera istanza di differente lettura degli atti e di diversa delibazione su persuasività e/o attendibilità delle dichiarazioni rese, il che è ovviamente precluso in sede di legittimità.

E' noto infatti che, anche alla luce del nuovo testo dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla cit. L. n. 46 del 2000, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.

Invero la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 15556 del 12.2.2008, dep. 15.4.2008; Cass. n. 39048/2007, dep. 23.10.2007; Cass. n. 35683 del 10.7.2007, dep. 28.9.2007; Cass. n. 23419 del 23.5.2007, dep. 14.6.2007; Cass. n. 13648 del 3.4.06, dep. 14.4.2006, ed altre) si è consolidata nello statuire che la previsione secondo cui il vizio della motivazione può risultare, oltre che dal testo del provvedimento impugnato, anche da "altri atti del processo", purchè specificamente indicati nei motivi di impugnazione, non ha trasformato il molo e i compiti del giudice di legittimità, il quale è tuttora giudice della motivazione, senza essersi trasformato in un ennesimo giudice del fatto.

In questa prospetti va il richiamo alla possibilità; di apprezzarne i vizi anche attraverso gli "atti del processo" rappresenta null'altro che il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cd. travisamento della prova finora ammesso in via di interpretazione giurisprudenziale.

E' quel vizio in forza del quale la Corte, lungi dal procedere ad una (inammissibile) rivalutazione del fatto (e del contenuto delle prove), prende in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde verificare se il relativo contenuto è stato veicolato o meno senza distorsioni, all'interno della decisione.

Non spetta a questa Corte Suprema rivalutare il modo con cui uno specifico mezzo di prova è stato apprezzato dal giudice di merito, giacchè attraverso la verifica del travisamento della prova il giudice di legittimità può e deve limitarsi a controllare se gli elementi di prova posti a fondamento della decisione esistano o, per converso, se ne esistano altri inopinatamente e ingiustamente trascurati o fraintesi.

Per questo motivo non può esservi spazio alcuno ad una rinnovata considerazione della valenza attribuita ad una determinata deposizione testimoniale, mentre potrebbe - in ipotesi - farsi valere la mancata considerazione di altra deposizione testimoniale di segno opposto esistente in atti, ma non considerata dal giudice ovvero la valenza ingiustamente attribuita ad una deposizione testimoniale inesistente o che presenti un contenuto diametralmente opposto a quello percepito dal giudicante e da lui riversato nella motivazione.

Nel particolare della prova dichiarativa, va ricordato che per sua stessa natura essa è scandita da significati non univoci: infatti, salvi i casi limite in cui soggetto della deposizione sia del tutto definito o attenga alla proposizione di un dato storico assolutamente semplice e non opinabile, ogni narrazione è sempre frutto di una percezione soggettiva del dichiarante anche se attiene a fatti di sua diretta scienza, con la conseguenza che il giudice di merito, nel valutare i contenuti della deposizione testimoniale, è sempre chiamato a depurare, in diversa misura, il dichiarato dalle possibili cause di (fisiologica) interferenza provenienti dal dichiarante medesimo (capacità cognitiva e di memorizzazione, sensibilità percettiva, stato di coinvolgimento emotivo nella vicenda su cui è chiamato a rispondere ecc).

Pertanto, affinchè il giudice di legittimità possa esprimere un eventuale giudizio sulla completezza, logicità e non contraddittorietà della motivazione in rapporto all'apprezzamento di fatto di una fonte testimoniale operato dal giudicante, sarebbe necessario che avesse contezza dell'intero compendio probatorio raccolto fino al momento della decisione, sulla base del quale svolgere l'analisi comparativa attinente alla decisività o non della fonte testimoniale e della incidenza causale dalla stessa nell'iter decisionale del giudice di merito, il che è ovviamente impraticabile in rapporto alla natura del giudizio di legittimità. Infine, tale analisi comparativa, preclusa in sede di legittimità, non potrebbe essere neppure surrogata dalla circostanza per cui il testo della sentenza impugnata non rechi menzione (neppure per interpretarne od escluderne il valore dimostrativo o probatorio) di talune delle testimonianze evocate dalla difesa dell'imputato: anche in tale evenienza, infatti, qualsiasi apprezzamento imporrebbe la conoscenza dell'intero quadro delle emergenze probatorie, cioè di tutti gli atti processuali pacificamente non ostensibili al giudice di legittimità.

In conclusione, va rammentato che l'unico travisamento denunciabile mediante ricorso per cassazione è non già il travisamento del fatto, ma quello della prova.

A sua volta quest'ultimo non risulta denunciato in ricorso, nè avrebbe potuto essere altrimenti dal momento che - per giurisprudenza ormai largamente prevalente di questa S.C. - la novella dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), ad opera della L. n. 46 del 2006, consente la deduzione del vizio di travisamento della prova, in ipotesi di doppia pronuncia conforme (come nel caso di specie), nel solo caso in cui il giudice di appello, al fine di rispondere alle censure contenute nell'atto di impugnazione, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice, ostandovi altrimenti il limite del devoluto, che non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità (cfr. ad es. Cass. Sez. 2^ n. 24667 del 15.6.2007, dep. 21.6.2007; Cass. Sez. 2^ n. 5223 del 24.1.2007, dep. 7.2.2007; Cass. Sez. 2^ n. 42353 del 12.12.2006, dep. 22.12.2006, e numerose altre).

2- Il secondo motivo di doglianza è generico perchè con esso il ricorrente non esamina specificamente - per confutarle - tutte le motivazioni che sorreggono il provvedimento impugnato.

A riguardo è appena il caso di ricordare che è inammissibile - per mancanza della specificità del motivo prescritta dall'art. 581 c.p.p., lett. c) - il ricuso per cassazione quando manchi l'indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'atto d'impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all'inammissibilità del ricorso (cfr. Cass, n. 19951 del 15.5.2008, dep. 19.5.2008; Cass. n. 39598 del 30.9.2004, dep. 11.10.2004; Cass. n. 5191 del 29.3.2000, dep. 3.5.2000; Cass. n. 256 del 18.9.1997, dep. 13.1.1998).

Per la precisione, la gravata pronuncia evidenzia, oltre ai riscontri dei testi M. e Ma. - riguardo ai quali effettivamente può condividersi la doglianza sulla circolarità della prova - anche un riscontro logico-documentale costituito dal fatto che nella stessa data (9.11.95) in cui liquidava i sinistri di cui al capo di imputazione, consegnando gli assegni al ..................., il ................... chiedeva lo storno della "polizza sporca", riscontro documentale su cui nulla ha replicato il ricorso in oggetto.

Non solo: il ricorrente non affronta neppure, per confutarle le argomentazioni con cui i giudici d'appello hanno ritenuto utilizzabili come prova le dichiarazioni acquisite in via di contestazione, anche ai sensi del comma 5 (e non solo del comma 4) del previgente art. 500 c.p.p., evidenziando che il F. fu sottoposto a minaccia dopo le dichiarazioni da lui rese nel corso delle indagini preliminari ed aggiungendo che ciò si desumeva altresì dalle modalità imbarazzate, immotivate e contraddittorie (come si è già detto) della sua ritrattazione dibattimentale.

All'inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente alle spese processuali ed al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell'impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

Segue altresì la condanna del ricorrente alla rifusione in favore della parte civile ................................. delle spese di assistenza e costituzione di questo grado di giudizio liquidate in Euro 3.000,00 oltre IVA, CPA e spese generali.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende nonchè alla rifusione in favore della parte civile Mediolanum Assicurazioni S.p.A. delle spese di assistenza e costituzione di questo grado di giudizio liquidate in Euro 3.000,00 oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2009